08 febbraio 2006

buone maniere


Verso le tre del pomeriggio, quando mancava poco a terminare, la Rusin diceva: "'nduma, gnuma, n'duma a cà" significava che c'erano ancora tre corsie da fare prima di tornare a casa.

Proprio in quell'ultima durissima ora arrivava il "barlité", il contadino incaricato di darci da bere l'acqua fresca del "barilot": negli anni '80 i barlité erano attrezzati con tanto di thermos con distributore automatico, mica si beveva più come un tempo tutte dal mestolo, ad ognuna di noi veniva assegnato un bicchiere di carta, diamine..

Capitò anche che alcuni padroni si facessero trovare alle bici con dei gelati appena comprati, una gentilezza d'altri tempi.

Quando eravamo prossime all'argine, il barlité faceva cenno alle più anziane di avvicinarsi, le altre proseguivano il lavoro, lentamente per non distanziarsi troppo.

Non si usciva mai dalla risaia, ci si appoggiava all'argine con un piede e si beveva rapidamente, perché c'era chi stava aspettando.

L'andamento del lavoro doveva seguire un ritmo adatto a tutte quante: il passo doveva essere sì controllato ma altresì sostenuto per far piacere al padrone.

Ogni tanto qualcuna di noi litigava con la vicina che andava troppo svelta, oppure c'erano battibecchi con chi non vedeva l'erba e rallentava l'andatura. In ogni caso, se una compagna era in difficoltà chi le era a fianco aveva il dovere di aiutarla a portar fuori il suo pezzetto.

Durante la mia prima settimana di monda ebbi vicino due angeli custodi che mi insegnarono alcuni trucchi del mestiere e mi rintemprarono l'anima. Una di loro era la nostra capa.

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