Se non si poteva chiacchierare, perché c'era il padrone o ci si era animate troppo a discutere, allora si cantava.
In realtà i canti servivano a scandire il tempo, un po' come succede nell'esercito, accompagnavano praticamente il ritmo del lavoro.
Tanto più il brano era veloce tanto più procedevamo speditamente. Ad esempio, se si trapiantava il ritmo doveva essere sostenuto, tant'è che i padroni preferivano di gran lunga le canzoni movimentate.
Il canto, inoltre, aiutava la concentrazione, distogliendo l'attenzione dalla posizione scomoda assunta per ore e ore. E' difficile per me scordare la fatica di trapiantare, doppia a paragone della monda. Si è sempre piegate, camminando all'indietro e le dita son dolenti, costrette a trapanare il terreno duro per collocarci la piantina di riso.
C'era tempo e tempo per scegliere le canzoni, a seconda dello stato d'animo di chi le intonava. Spesso di mattina se ne cantava di malinconiche, inventate da chissà quale mondina anni prima, così triste e disperata. Mi ricordo alcune strofe:
"Amore mio non piangere, se me ne vado via
io lascio la risaia, ritorno a casa mia
vedo laggiù tra gli alberi la bianca mia casetta
vedo laggiù sull'uscio la mamma che mi aspetta
Ragazzo mio non piangere se me vo lontano
ti scriverò una lettera per dirti che ti amo
mamma e papà non piangere, se sono consumata:
è stata la risaia che mi ha rovinata
mamma e papà non piangere, non sono più bambina
son tornata a casa a far la signorina!"
In realtà i canti servivano a scandire il tempo, un po' come succede nell'esercito, accompagnavano praticamente il ritmo del lavoro.
Tanto più il brano era veloce tanto più procedevamo speditamente. Ad esempio, se si trapiantava il ritmo doveva essere sostenuto, tant'è che i padroni preferivano di gran lunga le canzoni movimentate.
Il canto, inoltre, aiutava la concentrazione, distogliendo l'attenzione dalla posizione scomoda assunta per ore e ore. E' difficile per me scordare la fatica di trapiantare, doppia a paragone della monda. Si è sempre piegate, camminando all'indietro e le dita son dolenti, costrette a trapanare il terreno duro per collocarci la piantina di riso.
C'era tempo e tempo per scegliere le canzoni, a seconda dello stato d'animo di chi le intonava. Spesso di mattina se ne cantava di malinconiche, inventate da chissà quale mondina anni prima, così triste e disperata. Mi ricordo alcune strofe:
"Amore mio non piangere, se me ne vado via
io lascio la risaia, ritorno a casa mia
vedo laggiù tra gli alberi la bianca mia casetta
vedo laggiù sull'uscio la mamma che mi aspetta
Ragazzo mio non piangere se me vo lontano
ti scriverò una lettera per dirti che ti amo
mamma e papà non piangere, se sono consumata:
è stata la risaia che mi ha rovinata
mamma e papà non piangere, non sono più bambina
son tornata a casa a far la signorina!"
Oppure, se era in ritardo la paga, c'erano i canti di protesta come "sciur padrun da le bele braghe bianche fora le palanche, fora le palanche.." mentre a fine giornata si cantava gioiosamente per la contentezza dei soldi guadagnati.
In ogni squadra c'erano almeno un paio di mondine con l'incarico di intonare la prima strofa. Da noi una di queste era la Pina, con la sua voce acuta e dolce insieme. Non vi è mai capitato di andare a Messa, in una chiesa di paese e restare estasiati dal canto di qualche signora nelle ultime file? In tal caso potrete dire di aver ascoltato la voce di una mondariso!
Allo scadere delle ore lavorative cantavamo così:
"padéla, padéla tra là là / padéla a chi la va / 'gh la dumma a l'Ernesta cul sò Bèrtu 'namurà (padella, padella tra là là, padella a chi va, la diamo all'Ernesta col suo Berto innamorato)
gh'è pasà 'na squadra d'uslon / i gan purtà via, i gan purtà via l'urlog al padròn (è passata una squadra di uccelli grossi, hanno portato via, hanno portato via l'orologio al padrone)
perché il padrone ci rubava i minuti, cinque, dieci, veniva mezzogiono e non ci lasciava andare... noi gli intonavamo il verso...
In ogni squadra c'erano almeno un paio di mondine con l'incarico di intonare la prima strofa. Da noi una di queste era la Pina, con la sua voce acuta e dolce insieme. Non vi è mai capitato di andare a Messa, in una chiesa di paese e restare estasiati dal canto di qualche signora nelle ultime file? In tal caso potrete dire di aver ascoltato la voce di una mondariso!
Allo scadere delle ore lavorative cantavamo così:
"padéla, padéla tra là là / padéla a chi la va / 'gh la dumma a l'Ernesta cul sò Bèrtu 'namurà (padella, padella tra là là, padella a chi va, la diamo all'Ernesta col suo Berto innamorato)
gh'è pasà 'na squadra d'uslon / i gan purtà via, i gan purtà via l'urlog al padròn (è passata una squadra di uccelli grossi, hanno portato via, hanno portato via l'orologio al padrone)
perché il padrone ci rubava i minuti, cinque, dieci, veniva mezzogiono e non ci lasciava andare... noi gli intonavamo il verso...
4 commenti:
good start
molto intiresno, grazie
La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu
Testimonianze importanti, scrittura scorrevole semplice e piacevole, complimenti
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